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   LA NOSTRA STORIA
IL CCD: LA STORIA DI UNA SCELTA E DI UNA SFIDA
Quando i promotori del Centro Cristiano Democratico si trovarono a Roma, il 18 gennaio del 1994, per decidere al Minerva di dar vita al nuovo movimento mentre la vecchia Dc si scioglieva per dar vita al Ppi, non trovarono molti consensi. Anzi, la scelta fu considerata come "un’avventura di un gruppo – come scrisse "Il Popolo" – che appariva un’orchestrina pronta a suonare diversi motivi , a seconda delle convenienze". Una mera operazione elettoralistica che guardava a destra abbandonando le idee guida del movimento dei cattolici. Il clima politico era particolarmente acceso, con una sinistra che aveva giocato tutte le sue carte per andare alle elezioni anticipate con la nuova legge maggioritaria senza che intravedesse un antagonista, un polo di riferimento per gli elettori che avevano votato – fino ad allora – per la Dc e per i partiti laici e socialisti. Tangentopoli era passata come un uragano sui partiti tradizionali, già minati da una crisi gravissima per il progressivo distacco dalla società e dal Paese e per l’affacciarsi di un sistema elettorale che finiva per distruggere il vecchio sistema di potere legato alla partitocrazia.
Le elezioni amministrative dell’autunno del ’93 avevano sancito la supremazia del polo della sinistra – ormai data per vincente – mentre Martinazzoli, alla guida della vecchia Dc, aveva chiuso il partito in un recinto senza alcun spazio per la dialettica interna, finendo in pratica per dare voce soltanto alla sinistra più intransigente e dalle marcate venature integralistiche. I promotori del Centro Cristiano Democratico sapevano inoltre che nel Ppi non avrebbero trovato spazio, perché nasceva il vecchio vizio della sinistra chiusa al dialogo nei confronti del centro mentre si accingeva a varare le liste elettorali escludendo qualsiasi partecipazione degli altri esponenti del partito.
Ma al Minerva non fu compiuta una scelta elettorale, una operazione trasformistica: fu ribadita l’esigenza di riprendere il cammino che era quello del disegno degasperiano, e cioè di aggregare forze omogenee per un progetto politico che si ponesse in alternativa alla prospettiva di un governo delle sinistre. Il Ccd rivendicava a pieno titolo la sua origine nei valori e nelle tradizioni dei cattolici liberal-democratici, ed anzi riteneva essenziale il richiamo alle migliori tradizioni dell’impegno politico dei cattolici. La spaccatura, dolorosa, era peraltro necessaria per mantenere viva la coscienza critica di una componente di centro che non si lasciava suggestionare dai forti richiami della sinistra o dalle posizioni isolate ed elitarie di Martinazzoli.
La grande manifestazione a Roma
La prima occasione per illustrare pubblicamente le posizioni e le scelte del Ccd fu quella del 23 gennaio del 1994. Era trascorsa una settimana da quando i promotori avevano fatto nascere il movimento e l’appuntamento alla Fiera di Roma doveva sancire pubblicamente la presenza del nuovo movimento politico. La Vela, simbolo del partito, fu presentata a un pubblico foltissimo, giovane ed entusiasta. "Siamo una novità – disse nella sua introduzione Francesco D’Onofrio – nel panorama politico italiano: non c’è nessun’altra forza nazionale che sia liberal-democratica, federalista e presidenzialista. E questo ci consente una strategia nuova di alleanze per far avanzare la seconda Repubblica". Lo spartiacque sosteneva ancora D’Onofrio, è "tra chi pensa che la prima Repubblica possa continuare come nel passato. Questi sono i veri conservatori della politica. Noi invece ci consideriamo innovatori perché vogliamo portare il nostro contributo all’evoluzione del sistema politico in senso bipolare. La linea politica del Ccd era chiara e lineare, una forza popolare – come la definì Pier Ferdinando Casini – moderata e moderna, che si riconosce nel Polo liberal-democratico e non intende coprire una scelta di solitudine al centro, che già allora era giudicato non neutrale ma sostanzialmente alleato della sinistra. Un programma denso per ridar vita alla politica di mercato, ma anche garanzie per tutelare i ceti più deboli rivendicando l’autonomia contro il centralismo, lo spirito d’iniziativa contro la burocrazia. In quell’occasione Casini ribadì che "l’unico modo per perdere di sicuro è quello di seguire le vie di mezzo. Noi vogliamo chiarezza e tagliare di netto con il consociativismo delle alleanze".
Perché il distacco dal Ppi
In quell’occasione non poteva mancare una riflessione sul perché del distacco dal Ppi. "E’ un gesto – disse Casini – che ci è costato e ci costa. Noi non siamo in cerca di una facile vittoria e non abbiamo barattato la nostra anima per un pugno di collegi. Abbiamo fatto un’operazione politica mentre il nascente Ppi è stato dato in appalto a una parte limitata del modo cattolico chiaramente strategico verso la sinistra". Il Ccd si proponeva quindi di dare fiducia e respiro al tessuto imprenditoriale, soprattutto piccolo e medio, ripensare la macchina dello Stato, risolvere problemi di assistenzialismo sbagliati, ripensare l’economia come una combinazione di efficienza e solidarietà. Ed era anche chiaro il tema delle alleanze. Il Ccd si poneva come forza politica nazionale, come grande movimento radicato nel tessuto sociale in grado di competere, anche all’interno di un più vasto polo liberal-democratico, con tutte le altre componenti. Berlusconi non aveva ancora deciso di scendere in politica, ma il Ccd ribadiva fin d’allora che: "quando andremo a fondare il cartello non accetteremo elemosine politiche o sconti". La nostra ambizione – osservò D’Onofrio – è quella di "contribuire al passaggio dalla democrazia escludente alla democrazia compiuta. Moro tentò la costituzionalizzazione della sinistra. Noi oggi dobbiamo fare lo stesso discorso verso destra, consentendo l’evoluzione democratica del Msi". Sai trattava di analisi lucide che anticipavano i tempi e ponevano problemi che altre forze politiche non erano in grado o non volevano porsi.
Le elezioni, il successo del Polo e del Ccd
Le elezioni anticipate volute fermamente da Ochetto, che le aveva chieste fin dal dicembre del ’93, si svolsero in clima confuso. Il blocco della sinistra, anche senza Rifondazione, appariva compatto e sicuro della vittoria mentre la nascita di Forza Italia aveva consentito il varo, sia pure tra molte incertezze, del Polo delle Libertà. Il Ccd, a differenza del Ppi di Martinazzoli, aveva capito che doveva contribuire a dare vita e sostenere un’alleanza di centro-destra, che diventava obbligatoria e vitale dopo l’introduzione del sistema maggioritario – sia pure con la sciagurata percentuale proporzionalista – e quindi il sistema bipolare. Era evidente che occorreva da una parte imbrigliare la Lega di Bossi per costringerla a restare dentro il sistema democratico e rifiutare i richiami ad una insensata politica contro le Istituzioni e, d’altra parte, costringere il Msi ad abbandonare la sua ostilità verso la Repubblica dalla Resistenza, per farsi carico dei problemi essenziali del Paese. Un progetto che non poteva esaurirsi in un semplice patto elettorale, ma doveva continuare per perfezionarsi fino a dar vita ad un polo omogeneo, equilibrato nelle sue diverse componenti ed in grado di offrire una solita prospettiva politica a quei ceti medi, imprenditoriali, alle nuove figure nate nell’era del post-industriale che cercavano uno spazio politico ed una rappresentanza in grado di accogliere le loro proposte e le loro attese. La vittoria elettorale del Polo e – all’interno di esso – la significativa presenza dei rappresentanti del Ccd, rappresenta la novità politica più significativa degli ultimi anni. Non solo perché ha impedito l’avvento delle sinistre al Governo, che sarebbe stato disastroso perché avrebbe ricompattato la vecchia nomenklatura partitica insieme alle lobbies economiche e finanziarie che cercano da sempre di dominare il Paese. Ma soprattutto perché ha consentito che si avviasse un reale cammino verso un sistema bipartitico così come era nelle intenzioni dell’elettorato che con i referendum ha voluto sancire l’introduzione del sistema maggioritario.
Dal Governo Berlusconi a Dini
La vittoria del Polo delle Libertà ha consentito l’avvento del Governo Berlusconi con l’attiva partecipazione del Ccd. Le iniziative, le decisioni - spesso non facili – sono cronaca recente. Meno conosciuta è forse la presenza e l’attività di ministri, di sottosegretari, il lavoro dei gruppi parlamentari del Ccd che, con i suoi 28 deputati e 14 senatori, costituì una realtà viva all’interno della coalizione. Anche la decisione di formare gruppi distinti alla Camera e al Senato obbediva a una logica precisa: marcare cioè la propria natura e la propria caratterizzazione all’interno del Polo. La presenza del Ccd al Governo ha avuto un significato non soltanto di equilibrio ma di apporti professionali ad altissimo livello.
La convenzione di fine luglio ’94
Alla vigilia delle vacanze estive il Ccd convocò a Roma la prima Convenzione nazionale dei Cristiano democratici che si svolse nell’Auditorium della Tecnica il 25 e 26 luglio sul tema: Scegliere oggi per l’Italia di domani . era il primo appuntamento per un bilancio dopo le elezioni politiche e quelle europee che avevano visto l’elezione, nelle liste di Forza Italia, di due europarlamentari. Pier Ferdinando Casini e Sandro Fontana (chiamato poi a reggere la vice-presidenza del Parlamento). Fu un’occasione di grande rilevanza politica. Per la prima volta il Ccd si presentava con i suoi gruppi parlamentari e con la sua piattaforma programmatica ad una platea attenta e numerosa. La politica tornava al centro del dibattito con la necessità di affinare programmi, intese, alleanze e progetti per il futuro. Il dialogo con gli alleati era molto schietto, anche se restavano gli equivoci di fondo di un’alleanza che sembrava reggersi esclusivamente su un rapporto Forza Italia – Msi – Dn, non ancora approdato ad Alleanza Nazionale ed all’accettazione dei valori dell’antifascismo. Il Ccd, nel corso delle vicende del Governo Berlusconi, ha cercato sempre il dialogo all’interno della coalizione non disdegnando, sui temi cruciali della stabilità del sistema e delle questioni drammatiche provocate dalle tensioni dei mercati valutari, di trovare un terreno comune di dialogo e di confronto con tutte le componenti politiche. Purtroppo la crisi del Governo Berlusconi voluto da D’Alema e da latri soggetti politici ha consegnato il Paese ad un governo di tecnici che appare sempre più inadeguato ad affrontare i problemi drammatici del deficit pubblico e della credibilità delle istituzioni a livello interno e internazionale.
Obiettivi del Ccd
Il Ccd ha sempre espresso esigenze politiche e valori all’interno della tradizione liberal-cattolica che è patrimonio di molti italiani. Il Ccd lavora non per dividere ma per unire tutti gli uomini di buona volontà attorno ai valori e alle tradizioni migliori del mondo cattolico, anche perché nello smarrimento delle coscienze resta forte l’idea di un impegno politico che riscopra le ragioni profonde della persona e dei suoi valori, per far diventare la politica un servizio e la riscatti dalla stagione buia delle lottizzazioni, dell’occupazione dello Stato e della disattenzione verso la comunità. E non è poco per una forza data perdente da molti e che oggi si pone al centro di una riflessione politica sul futuro del Paese perché ha scelto il binario giusto: stare con le grandi tradizioni della storia e di un’evoluzione democratica che deve essere sollecitata e agevolata nell’interesse del Pease.
Non mancate alla prima festa dei CristianoDemocratici del Canada. Presentazione del Comitato Nazionale CCD Canada, musica, ballo e sontuosa cena. Grazie alla generosita` degli amici del CCD Canada, gli entroiti della serata andranno nelle casse del Comitato per potenziare i circoli e comitati in tutto il Canada.
Ignazio Gatto, Presidente UDC Canada
Cav. Angelo Balsamo, Presidente del Consiglio di amministrazione Biancofiore Canada
                
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